GIALLO È IL VERSO DEL MATTINO - Rosita Matera, IVVI Editore

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giovedì 1 settembre 2022

TRE SASSI IN TASCA



 TRE SASSI IN TASCA


Quel giorno il vecchio Wang-Fu, dopo aver camminato per ore, sostò aggrappandosi ad una staccionata, lungo un impervio sentiero di campagna. Era un po' in là con gli anni ed il fiatone e le gracili gambe gli impedivano di fare lunghi tragitti. Il vecchio aveva fame ma non aveva di che cibarsi e così, fermandosi ad un angolo del sentiero, chiese ai viandanti qualcosa da mettere sotto i denti. Il primo passante non lo degnò nemmeno di uno sguardo e, arricciando il naso, proseguì con noncuranza. Il secondo viandante, notando che l’anziano signore vestiva sontuosamente, esclamò: “Cammina, vecchio ricco! A chi vuoi darla a bere?”,  riprendendo il suo cammino. Il terzo viandante, nonostante avesse notato gli sfarzosi abiti dell'uomo, lo salutò inchinando lievemente il capo. Anche il giovane uomo era stanco per aver camminato a lungo, ma non voleva essere scortese e così, aprendo la consunta bisaccia, spezzò il pane in due parti uguali per condividere quel che gli era rimasto. Un guizzo di riconoscenza attraversò gli occhi del vecchio sapiente che, colpito dal buon cuore del giovane, volle fargli un dono. Dalla pregiata veste che splendeva come un girasole verso Levante, estrasse un sacchetto contenente tre sassi: uno del colore del mare, uno del colore della terra ed uno del colore del sole. 


                                     * * * 


Il giovane, fissando le pietre, abbozzò un sorriso di circostanza, ma per non scontentare il vecchio Wang li lasciò scivolare in fondo alle tasche. Consumato il frugale pasto ebbero sete. Il  più  giovane si diresse verso una fontana e, dopo aver bevuto in abbondanza, prese dalla sacca un antico bicchiere in legno e lo riempì di acqua freschissima. Imboccando un vicolo stretto per risalire la strada, si premurò di non far cadere neanche una goccia. Anche Wang deve avere una gran sete! - pensò  in cuor suo il giovane vagabondo,  ma al suo ritorno, dell'uomo non vi era più traccia; Filippetto lo cercò in lungo e in largo, ma invano. Sembrò essersi dileguato nel nulla.


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Il giorno dopo il giovane si diresse verso un vecchio villaggio in cerca di un lavoro con cui guadagnarsi da vivere. La sua vita non era mai stata facile, anzi, a dirla tutta, non possedeva nulla. Tuttavia la Provvidenza lo avevo dotato di meravigliose virtù che avranno il potere di cambiargli la vita. Ma proseguiamo con la lettura per scoprire di quali pregi stiamo parlando. Col tempo, viste le ristrettezze, il giovane aveva appreso l’arte di arrangiarsi, e per poter sbarcare il lunario aveva imparato svariati mestieri, lavorando sodo per guadagnarsi il pane quotidiano; difatti, nel suo paesino di origine era soprannominato “Filippetto, uomo retto” per la sua esemplare rettitudine e la sua specchiata onestà. Dopo aver camminato tanto, giunse dinanzi alla Grande Muraglia ma, a quel punto, esausto dal lungo peregrinare, volle riposarsi all’ombra ritemprante di una quercia millenaria, sotto la quale mille pensieri affollarono la sua mente. Il sonno del giusto avvinse Filippetto, ed una visione onirica si levò fra nubi azzurrine da cui lentamente emerse l’immagine di Wang-Fu che gli sorrideva indicandogli, con aria fiduciosa, il sacchetto di seta.  Poi la sagoma si dileguò in una luminosa evanescenza.


                                    * * * 


 Al risveglio il giovane non comprese appieno il significato di quel sogno, ma  avvertì  un senso di rinnovata fiducia, ed una nuova energia salì  nel suo cuore come marea spumosa e travolgente. Alcuni passanti, notando il suo passo sempre più fiacco, lo invitarono a prendere posto sul loro carretto, ricco d’ogni bendidìo, dove finalmente poté mangiare e bere a sazietà, godendo, inoltre, dell’ottima compagnia. Ad un certo punto chiese di fermarsi a Trebbotteghe, il villaggio più vicino, per tentare la fortuna. Lì era possibile scorgere solamente abitazioni diroccate e inabitate con gente scalza ed affamata che domandava cibo. Un paesaggio sempre più spettrale gli si schiuse davanti, spoglio di qualsiasi forma di  vegetazione, di negozi e tantomeno di bambini. A Filippetto gli si strinse il cuore. Non  poteva credere ai propri occhi e, giunto davanti ad una bottega, chiese al rivenditore il motivo di tanta miseria. Il  locandiere, con aria affranta, rispose che su quelle terre non scendeva più pioggia da sette lunghissimi anni, e che la siccità aveva raggiunto picchi epocali. Di conseguenza ogni forma di vita andava estinguendosi, così come lavoro e prosperità. 

                                     * * * 


Il giovane ascoltò con grande attenzione ogni parola, ed un moto di profonda tristezza velò il suo cuore. Un groppo in gola gl’impedì di parlare. Ma, d’un tratto, un fiotto di coraggio gli zampillò  dal  petto, e a gran voce esclamò: “Desidero con tutto me stesso aiutare tutta questa gente, e, fosse in mio potere, farei  piovere anche adesso!” In quel preciso istante cominciò a piovere a dirotto, e lampi, fulmini, acqua a catinelle, argentarono il cielo fino a purificare lo spirito del villaggio. Il paese, in breve tempo, si trasformò in un luogo lussureggiante e la  prosperità sgorgò come un fiume in piena. Ben presto sorse anche un fulgido porto per poter esportare in tutto il mondo cereali, spezie, tessuti pregiati, oro e pietre preziose. Tutti attribuirono il merito della rinascita del posto a Filippetto il quale, pronunciata la fatidica frase, inspiegabilmente, riuscì a spezzare il nefasto incantesimo! La gente accorreva da ogni dove per constatare con i propri occhi il prodigio di cui tutti parlavano. La fama del giovane Filippetto crebbe al pari del benessere di quel villaggio, e alla luce degli eventi che lo videro protagonista, fu  ribattezzato “Waterland”, terra dell’acqua. Eppure, non ci crederete, ma udite, udite: Filippetto continuava ad essere ignaro dei suoi meriti, non accorgendosi minimamente che quell’evento prodigioso era stato causato dal sasso color del mare, cadutogli dalla tasca bucata mentre esprimeva il suo desiderio.


                                * * * 


 Dovete sapere che in quel minuscolo ciottolo risiedeva lo spirito buono dell’Acqua che fuoriusciva soltanto se un uomo di buon cuore provava   sentimenti di pietà verso il prossimo. Passarono gli anni ed il benessere seguitava ad espandersi senza sosta, e ciò che un tempo era ormai considerato un piccolo villaggio in rovina, dimenticato da tutti, divenne  una città prospera ed incantevole, meta di turisti e curiosi. Il caso volle che un giorno vi facesse visita  il nobile Lord Longfellow, uomo avido e di dubbia moralità. A dire il vero, ben pochi erano a conoscenza del fatto che l’aristocratico non era altri che un perfido bandito di fama mondiale che organizzava truffe ed ingegnosi  raggiri ai danni di ingenui malcapitati. Lesto, Filippetto, che girovagava per i villaggi ed ascoltava con attenzione ciò che raccontava il popolo, avvisò subito la regina Maya, saggia regnante a capo della città.  Nutrendo profonda stima nel giovane Filippetto prontamente si premurò di custodire  tutto ciò che potesse ingolosire le mire espansionistiche dell’infido Longfellow che, nel frattempo, aveva messo a punto un piano ben congegnato. Fu così che un giorno, a cavallo di un drappello di malfattori, la banda dei Cento infuriò una battaglia all'ultimo sangue. Filippetto sconvolto da tanta malvagità e dal deplorevole inganno, corse incontro al popolo indifeso. 


                                   * * * 

Mentre in cuor suo si augurava che i  malviventi si allontanassero, non si accorse che il sasso color della terra rotolò giù dalla  tasca. Nel giro di pochi istanti una scossa di terremoto squarciò la terra sotto i piedi dei selvaggi destrieri che, animati da forte spavento, fuggirono oltre le mura della città.  Inoltre, i malviventi, certi dell’esistenza di un potente incantesimo, restituirono subito il maltolto. In tutti gli abitanti del luogo si rinnovò la convinzione che fosse merito di Filippetto se quella rapina fu sventata nel migliore dei modi. La regina Maya per ringraziarlo organizzò una grande festa in suo onore, ed ognuno volle omaggiarlo personalmente con doni e preziosi.  Quella faccenda fece il giro del mondo poiché uno scrittore di passaggio decantò le gesta del giovane in un libro dal titolo “ L’ incredibile avventura di un giovane giramondo”.  Per questo la sua fama raggiunse nuove terre, estendendosi a macchia d’olio. Tuttavia il giovane non riusciva a comprendere appieno il motivo di tanta riconoscenza, e tutto quel trambusto non faceva che confonderlo. Anche in quell’occasione non si rese conto della forza espressa dal  suo desiderio e dalla pietra color della terra. Se quei sassi fossero capitati in mani grette ed ingenerose sarebbero rimasti tre semplici pietre, prive di ogni potere.


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Trascorse del tempo da quell’episodio e la sua rinomata popolarità giunse sino all'orecchio dell'imperatore Lao-Chou, che, incuriosito dalle sue mirabili qualità, inviò un suo messaggero per invitarlo a corte. Filippetto non riusciva a credere alle sue orecchie: l’imperatore Lao-Chou desiderava conoscerlo. Emozionato, il giovane lavò il suo bel volto con acqua di fonte, accomodò i suoi ricciuti capelli con oli profumati, e per omaggiare l’imperatore, indossò il Changshan, l’abito cerimoniale della tradizione cinese. Ma, prima di  uscire di casa, per una forza a lui sconosciuta, infilò in tasca l’ultimo sasso, quello color del sole.

                                

                                   * * *


  La carrozza imperiale, fatta d’oro e di seta rossa, lo attendeva sull’uscio. Era tutto pronto per il viaggio alla volta di Pechino. Filippetto, stringendo  il sasso color del sole, sorrise. Giunto nella Città Proibita ebbe l’impressione che lì il tempo fosse più lento, e tutto fosse sospeso in una bolla di incantevole nitore. Filippetto fu accolto da sette dignitari che, dopo lunghi convenevoli, immortalarono l’incontro incidendo pregevoli idiogrammi in oro sul dorso della più antica tartaruga di giada. Due lunghe file di servitori lo accompagnarono lungo il Sentiero della Tranquillità, un ponte lastricato di smeraldi, protetto da una fitto manto di salici piangenti. Tutto rifulgeva d’un verde primordiale, dove  cielo e  terra risplendevano l’uno nell’altra. Durante il percorso Filippetto, con spirito grato, ammirò ogni cosa per poterne serbare un lieto ricordo.


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Il suo ingresso fu scandito dal suono del  gong che riecheggiò potente, ammantando di solennità la dimora imperiale. Filippetto  levò il copricapo e sfilò dai piedi le graziose calzature di seta, secondo il  rito cerimoniale, ed a mani giunte ringraziò l’imperatore per il cortese invito. Il regnante sorrise soavemente e, scendendo dal trono, lo invitò a prendere parte all'antica cerimonia Oolong; il giovane, seppur incredulo, accettò di buon grado e, sedutosi di fronte all'imperatore, sorseggiò il suo tè fumante, immerso in  un religioso silenzio. 

                                    * * * 


Nell'aria tersa del giardino reale i due passeggiarono lungo il Sentiero degli Aceri Rossi, conversando piacevolmente. Giunti ai piedi del maestoso Ginkgo Biloba, l’albero sacro al centro del giardino, l'imperatore confidò al giovane il motivo della visita. Fissandolo negli occhi gli rivelò un problema da cui era tormentato oramai da quindici lunghi anni: purtroppo, a causa di un incantesimo, l'antico Giardino dei Peri non dava più frutti e questo recava al suo cuore una pena infinita; da millenni quegli alberi rappresentavano la loro dinastia e se  non dispensavano frutti,  secondo gli scritti di Sima Qian, era segno assai infausto. Ma il Giardino dei Peri, serbava un segreto ancor più importante, giacché nella sua misteriosa quiete, produceva grosse pere d'oro zecchino, da sempre fonte di ricchezza della intera Cina. La mancanza di tali frutti avrebbe indubbiamente arrecato al Paese sciagura e carestia, cagionando il totale declino dell'impero. Il sovrano implorò il giovane di mantenere il segreto il più assoluto, affinché le sorti della Cina fossero sempre ben custodite. Il sole calava dietro la quiescenza delle montagne Xishan, aranciando i  preziosi tetti  del palazzo reale ed il volto malinconico  dell’ imperatore.


                                 * * * 


 Filippetto aveva ascoltato con grande interesse il discorso  dell’uomo. Soppesò ogni silenzio, persino ogni inflessione della voce. La sua proverbiale umiltà gli impediva di esprimersi sulle vicende altrui, se non dopo aver analizzato ogni cosa per ottenere una visione d’insieme ben definita. Pur non avendo più di vent’anni possedeva il raro dono della  sapienza che lo invitava ad essere cauto in ogni sua azione. Il sovrano, dopo aver esposto il suo intimo affanno, domandò al suo ospite se fosse in grado di sciogliere il sortilegio, promettendogli, in caso di vittoria, il dono più prezioso: la mano di Kiangsu, la sua unica e bellissima figliola. Il giovane fu colto da profonda incertezza, e guardando la vastità del cielo, tacque. Pensava che in fondo i prodigi compiuti in precedenza non erano accaduti  per suo merito, seppure tutti credessero il contrario. “Succedono e basta!”- mugugnava tra sé e sé, convinto di non possedere alcun potere straordinario. E fu così che decise di confessare all'imperatore tutta la verità.


                                 * * * 


 Questi, nell’apprendere la notizia si rabbuiò, e, sul punto di congedare il giovane, dal paravento del dragone saltò fuori il vecchio mendicante Wang-Fu, che palesandosi a Filippetto esclamò:


                                                                                          "Animo nobile!

La tua  buona volontà

 ogni cosa risolverà!

 Perciò prendi dalla tasca

 il sasso giallo

e l'imperatore canterà

 come un gallo!

Se il sasso giallo

 nella terra farai cadere

d’un colpo rinasceranno

tutte le  pere! ”


Finalmente Filippetto capì il significato di tutta l’energia benefica che gli faceva compiere prodigi, ed afferrato l'ultimo sasso rimastogli in tasca lo lasciò rotolare in terra, permettendo così, ai rami ingrigiti e riarsi di germogliare in pochi istanti! Una fioritura così non s’era mai vista prima: le più grandi e lucenti pere spuntarono proprio quel giorno, sotto gli sguardi sbalorditi di tutti gli astanti. Filippetto, ancora frastornato dall’accaduto, esultò di gioia, e l'imperatore, estasiato da tanta magnificenza, chiese ai musicanti d’intonare l’inno di trionfo. Nel frattempo Filippetto si guardava attorno, cercando per tutto il giardino il vecchio Wang-Fu al fine di poterlo ringraziare. Lo aveva visto cantare poco prima  tra i dignitari della corte imperiale, con indosso il tradizionale Hanfu, l’ abito rosso che si indossa per festeggiare un fausto inizio. Ma anche quella volta dell’anziano saggio non vi era più alcun indizio.


                                    * * * 


 Allorché Filippetto intese che il vecchio cinese non era altri che l'antico spirito della Prosperità; in quell’istante  gli tornò in mente  la leggenda che da bambino sua madre gli narrava, prima di addormentarsi: la misteriosa storia d’un anziano sapiente  che da millenni vaga per il mondo mettendo alla prova chiunque incontri sul suo cammino. Potresti incontrarlo anche tu all’angolo di una strada per comprendere la natura degli uomini. 


                                    *  * * 

 E se anche tu  possiedi  nel cuore“ una  luce più pura di un ruscello, la sapienza più profonda di un fiore di loto, la generosità più grande della cornucopia imperiale  ” allora i tre sassi magici saranno tuoi per sempre. Con essi potrai  riempire i tre ombelichi della Terra, i quali, una volta colmati da un uomo buono e leale, estingueranno ogni miseria e ingiustizia, e prosperità, purezza e felicità si stenderanno su tutta la Terra. E chissà se da qualche parte del mondo non ci sia un altro uomo che abbia incontrato Wang- Fu e, ritenuto meritevole, vada in giro con tre sassi in tasca.


Rosita Matera, 1 Settembre 2022 

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